Sulle Sponde di Boscomadre

Il pensiero: la base di tutto

Oggi più che mai, vista la crisi che ho vissuto negli ultimi anni, le seguenti basi si sono presentate in modo prepotente nella mia vita, come se tutto volesse ricordarmi le radici su cui tanto ho lavorato in passato, per cui eccomi qui a proporle a voi, non si sa mai che possano essere utili anche ad altri.
Tempo fa avevo intrapreso la lettura di un piccolo volume, “Favolisticamente Magia” di Michela Chiarelli in arte Eriche Alchimilla, e devo dire che, per certi versi, si è dimostrato davvero illuminante. Forse in futuro ne parlerò in modo più approfondito, per ora, tuttavia, vi basti sapere che ogni capitolo del libro è preceduto da una scheda con gli insegnamenti che si andranno a imparare nel corso della lettura. La prima scheda didattica (se così la vogliamo chiamare) recita così:

1) Parla di te stesso solo in forma positiva.
2) Controlla e i diminuisci i “No” e i “Non” poiché questi creano ciò che non vorresti essere e attraggono ciò che non vorresti avere.
3) Parla al presente quando desideri qualcosa, e fallo come se la cosa fosse già tua.
4) Guardati dal giudicare niente/nessuno.
5) Domina la mente.
6) Domina le emozioni.
7) Sii felice e positivo.
8) Immagina sempre solo cose positive.
9) Sii preciso nei pensieri e nelle parole.

Credetemi se vi dico che ogni affermazione di questo elenco è vera. Certo, non è facile mettere in pratica queste regole, ma sono davvero la chiave per vivere meglio. Proviamo ad analizzarle…

Parla di te stesso solo in forma positiva.
Quante volte vi siete sentiti arrabbiati con voi stessi? Quante volte avete detto “sono una brutta persona”, oppure “non vado bene così” o ancora “mi detesto”? Ebbene, dovete imparare a evitare affermazioni di questo tipo, perché non fanno bene a voi e alla vostra integrità. È vero che quello che pensiamo si crea nella realtà, per cui se pensate di essere persone orribili, vi convincerete di esserlo e questo si rispecchierà irrimediabilmente nella vostra vita e si ripercuoterà persino sul vostro fisico.
Parlare di se stessi in modo positivo non significa essere egocentrici e narcisisti, ma semplicemente volersi bene e accettarsi per quello che si è.

Controlla e i diminuisci i “No” e i “Non” poiché questi creano ciò che non vorresti essere e attraggono ciò che non vorresti avere.
Come detto sopra, parole e pensieri hanno più potere di quanto immaginiamo, per questo motivo dobbiamo stare attenti a come ci esprimiamo. Se le nostre frasi sono espresse in positivo, più facilmente attrarremo la positività anche nel concreto. Se siete abituati, per esempio a dire “non ci riesco” o “non sono capace”, la vostra mente se ne convincerà e voi non riuscirete mai davvero in quello che farete.

Parla al presente quando desideri qualcosa, e fallo come se la cosa fosse già tua.
Michela Chiarelli nelle pagine del suo libro propone un piccolo incanto davvero interessante. Se desiderate una cosa (che non nuocia a nessuno, ovviamente, e che sia positiva) allora chiudete gli occhi e immaginatevi di riceverla per posta o visualizzatevi come se quel desiderio fosse esaudito. Nella vostra immagine siete felici, gioiosi di aver ricevuto quello che tanto avete desiderato. A questo punto aprite gli occhi, accendete una candela bianca e scrivete su un foglietto “Grazie, perché ho ricevuto… (il vostro desiderio)”, ponete il foglietto sotto la candela e aspettate che si spenga da sola. Pensare alle cose che volete ottenere come se fossero già vostre e esprimendole nella vostra mente al presente, vi permetterà di realizzare molto più facilmente i vostri sogni. Non ci credete? Provateci allora, e con convinzione: vi accorgerete dell’immenso potere che ha la mente umana.

Guardati dal giudicare niente/nessuno.
Più che una regola, questo è un suggerimento etico per il quieto vivere. Giudicare non è bene, poiché ogni persona è mossa dalle proprie motivazioni e dalle esperienze fatte durante la propria vita. Bisogna imparare a comprendere che non siamo tutti uguali e a non dare giudizi affrettati, perché poi ci si potrebbero ritorcere contro in modi del tutto inaspettati.

Domina la mente. Domina le emozioni.
E’ fondamentale imparare a non lasciarsi trascinare dagli eventi e dai propri sentimenti. Se siete arrabbiati, per esempio, non potrete attirare a voi la serenità che cercate, perché otterreste l’effetto contrario.

Sii felice e positivo. Immagina sempre solo cose positive. Sii preciso nei pensieri e nelle parole.
Come già detto sopra, la tristezza attira altra tristezza. Partite sempre dal presupposto che il simile attira il simile, e questo vale per ogni cosa. Toglietevi dalla testa, per esempio, l’idea che anche in amore gli opposti si attraggano… è vero, ciò che è a noi contrario ci attrae, ma è un’attrazione momentanea e fugace. L’appagamento vero ci viene dato da chi comprende fino in fondo quello che siamo e da ciò che ci è più congeniale. Infine, bisogna imparare a riflettere bene sulle parole che si usano, sia nei pensieri che nei discorsi. La parola, lo sapevano bene gli antichi Egizi, ha un immenso potere di creazione. Per questo motivo, soprattutto quando esprimete un desiderio, dovete assicurarvi di farlo usando un linguaggio misurato.

Ora, a questi principi potremmo unire le seguenti 4 regole che hanno finito per essere alla base della spiritualità pagana.

Conoscere
Questo è un punto a cui tengo particolarmente. Non potete pensare di fare nessun passo se prima non avete studiato. Lo studio è alla base di tutto e vi permette di farvi una vostra opinione, di imparare da esperienze di altri e di percorrere con sicurezza una strada vostra.

Osare
Quando avrete studiato le basi e sarete abbastanza sicuri di quello che avete imparato e di come intendete operare, potete passare alla pratica, osando. Non dovete avere timore di buttarvi, perché la pratica è qualcosa di assolutamente necessario e naturale. Prendete un laureato in medicina, per esempio: i suoi studi non servirebbero a niente se non si decidesse ad applicarli nella pratica e a cimentarsi nel mestiere per cui ha studiato tanto.

Volere
La volontà è una delle regole principali, in qualsiasi campo della vita, non solo in quello spirituale. E’ la volontà a muovere i passi delle persone, essa permette anche a ciò che desideriamo (o meglio, vogliamo) di concretizzarsi.

Tacere
Non è detto che la nostra spiritualità e il nostro modo di praticarla sia da condividere con le altre persone. Tuttavia, è pur vero che non si debba neppure chiudersi nel mutismo e nella solitudine. Bisogna semplicemente fare attenzione alle persone con cui si vuole parlare di questo genere di argomenti, perché purtroppo non tutti rispettano le opinioni e i credi altrui.

Per concludere, la Wicca (che io non seguo) si basa sulle seguenti Tredici Mete, quelle secondo cui bisognerebbe basare la propria vita. Queste regole si possono estendere facilmente anche ad altre spiritualità. Per questo motivo ve le propongo, perché costituiscono una base solida e mai scontata da cui dover partire.

1. Conosci te stesso.
2. Conosci la tua arte.
3. Impara.
4. Applica la tua conoscenza con saggezza.
5. Raggiungi l’equilibrio.
6. Metti l’ordine nelle tue parole.
7. Metti l’ordine nei tuoi pensieri.
8. Celebra la vita.
9. Armonizzati con i cicli della terra.
10. Respira e mangia correttamente.
11. Esercita il corpo.
12. Medita.
13. Onora le divinità.

Fare un lavoro approfondito, serio e costante su se stessi è importantissimo e indispensabile. Se vogliamo intraprendere una pratica spirituale, dobbiamo essere pronti a esaminare ogni aspetto della nostra persona e del nostro carattere. A volte questo porta sofferenza, perché non sempre la nostra personalità ci piace, ma è proprio notando i nostri difetti e le nostre mancanze che potremmo agire al meglio per migliorarci. E’ importante, come ho già detto altre volte, anche ristabilire un contatto con il proprio bambino interiore: riscopritevi bambini, pensate a come eravate negli anni dell’infanzia, a quello che amavate fare, a ciò che vi faceva stare bene, ai simboli che vi hanno accompagnato durante la crescita (animali, avvenimenti, persone…) e ritroverete una parte perduta di voi. I bambini sono autentici, non mentono e non sono influenzati dalla società, per questo è fondamentale ritrovarsi e riabbracciare la propria anima più autentica.
Conoscere la propria arte significa dedicarsi allo studio con dedizione e interesse. Studiate i cicli della natura e i modi in cui influenzano il corpo, le emozioni e la natura. Studiate le antiche civiltà, la mitologia e le antiche saggezze popolari, informatevi. E dopo aver letto ed esservi documentati, imparate a usare le informazioni nel vostro quotidiano, a mettere in pratica ciò che avete studiato sui libri. La pratica, appunto, va applicata con criterio: non fate del male a niente/nessuno e ricordatevi che la vostra libertà finisce dove inizia quella dell’altro. Come detto sopra, per mettere in pratica quanto imparato bisogna dominare la mente, le emozioni e le parole: è fondamentale.
Al primo posto in ogni vostra azione dovrete mettere l’amore per la Vita, sia essa animale, vegetale, la vostra o quella altrui. Celebrarla significa rispettarla e riconoscerla come divina. Ogni essere vivente è divino, ed è bene prendersi cura del proprio corpo, perché è esso il nostro vero tempio. Dobbiamo imparare, anche, che ciò che mangiamo ci permette di vivere, pertanto dovremmo mangiare in modo sano e corretto. Scegliete il tipo di alimentazione che più vi aggrada, non si tratta di essere vegetariani, vegani, onnivori, ecc., quanto piuttosto di avere coscienza di ciò che portiamo sulle nostre tavole e di come lo immagazziniamo. Quando cucinate, per esempio, non siate nervosi, arrabbiati o frustrati, o trasmetterete tutte queste emozioni al cibo che entrerà dentro il vostro corpo. Spegnete la tv mentre mangiate, non ascoltate i telegiornali, ma fate dei vostri pasti un rituale. Prendetevi cura del vostro corpo non trascurandolo, facendo esercizio e mettendolo in moto, infine, fate meditazione (avete presente la frase mens sana in corpore sano? 😉 ). Per quanto riguarda l’ultimo punto delle Tredici Mete, potete interpretarlo come meglio credete. C’è chi non segue nessuna divinità, chi ne segue solo una, chi si dedica a un pantheon preciso. Infine c’è chi riconosce semplicemente la divinità in ogni cosa. Fate in modo di onorare ciò che voi considerate divino.

Muna

Il Pettirosso: araldo della neve e di nuova vita

Ci avviciniamo al Solstizio d’Inverno, ed ecco che questo uccellino fa la sua comparsa in campagne e giardini in modo così assiduo da essere diventato l’emblema della fredda stagione. Il suo piumaggio colorato spicca sul candore della neve, permettendoci di accorgerci della sua presenza. Protagonista di leggende, miti, aneddoti, poesie e tradizioni popolari, il Pettirosso ha acquisito una simbologia ricca di fascino e significati.

Pettirosso

Per i popoli del Nord simboleggiava Thor, divinità legata alle nuvole e alle tempeste. Per i Celti, invece, simboleggiava il nuovo anno che giungeva a scalzare quello vecchio, rappresentato nelle ballate dallo Scricciolo, suo simbolico rivale. Lo Scricciolo, al quale è dedicato il Wren Day in Irlanda (letteralmente Giorno dello Scricciolo), è, insieme al Re Quercia, il re dell’Estate. Il Pettirosso, invece, al pari del Re Agrifoglio, simboleggia l’Inverno. I due protagonisti lottano ancora oggi in battaglie inscenate dalle popolazioni di derivazione celtica, facendo sopravvivere le tradizioni antiche che vedono nel Solstizio invernale la lenta, ma effettiva, rinascita della vita. Un’antica filastrocca inglese, “Who killed Cock Robin”, sembra testimoniare i significati di questa antica e perpetua lotta: nel componimento poetico, l’allegro uccellino viene ucciso con l’arrivo della Primavera da un passero (lo Scricciolo) munito di arco e frecce. Con la sua scomparsa, la natura rinasce e tutto il bosco celebra la sepoltura del Pettirosso.

 

I Cristiani, invece, spiegano il colore del suo piumaggio con un aneddoto di altruismo e generosità. Pare che questo uccellino fosse un tempo interamente di colore grigio. Trovatosi nei pressi del Golgota, la sua attenzione fu attratta da un uomo crocifisso al quale era stata posta sul capo una corona di spine. Il pettirosso si avvicinò a Gesù – perché è di lui che si trattava, ovviamente – per alleviare almeno un po’ le sue pene, tentando di liberarlo dalla corona. Nel gesto, il suo petto si macchiò di sangue e da allora Gesù donò ai pettirossi il loro caratteristico colore, per ricordare agli uomini l’atto di grande generosità commesso da quell’esserino tanto piccolo quanto gentile. Sempre per i Cristiani, il Pettirosso aveva il ruolo di accompagnare le anime nel regno dei defunti. Pare che questa credenza sia stata incentivata dalla convinzione degli inglesi riguardo all’impegno che i pettirossi si sono presi nel seppellire coloro che sono morti nei boschi e che, pertanto, sono rimasti privi di una degna sepoltura.

Pettirosso 2

Col tempo, per tutta la simbologia a esso collegata, ha assunto il significato di metamorfosi positiva e della rinascita nell’ambito spirituale.  Frances Hodgson Burnett, nel suo “Il Giardino Segreto”, eleva il Pettirosso a guida della sua protagonista, permettendo a Mary  di far rifiorire il giardino e l’amore familiare. Rimanendo in tema artistico, Chopin, ammirato dal canto melodico del Pettirosso, lo imitò nel tema principale della Grande Polonaise Brillante. Il gesto valse all’uccellino il soprannome di “Chopin dell’aria”. Anche Emily Dickinson e Khalil Gibran hanno dedicato al Pettirosso alcuni suggestivi versi.

Il pettirosso vanta una grande quantità di miti e tradizioni popolari.

Per la tradizione più superstiziosa, il furto di un uovo di Pettirosso garantiva al ladro un lungo periodo di sfortuna. Alcuni credono che, vedendo il primo Pettirosso, sia necessario formulare un desiderio prima che esso voli via, altrimenti non si avrà fortuna per tutto l’anno successivo. A dispetto di questa tradizione, uno studio del Pettirosso potrà rivelare molto sul suo vero valore come totem. I pettirossi reagiscono al rosso, un colore che nei maschi segnala ad altri maschi di “uscire dal territorio”. Il rosso è, naturalmente, collegato alla kundalini (energia divina quiescente in ogni essere umano). Nel Pettirosso è più un color ruggine, come se fosse stato diluito con altri colori: ciò, insieme al fatto che ricopre l’intera zona del petto, riflette la sua attivazione che stimola nuova crescita in tutti i settori della vostra vita.

Il canto del Pettirosso è un trillo gioioso e avvolgente, che ha in parte lo scopo di consentire all’uccello di stabilire il proprio territorio. Due maschi nella stessa zona gonfieranno i polmoni e canteranno con tutta l’energia che hanno in corpo: le lotte tra pettirossi per assicurarsi il dominio sul territorio si svolgono in genere cantando, mentre gli scontri fisici sono soltanto simbolici, senza che nessuno dei contendenti si faccia veramente male. Ciò è assai significativo per chi ha un pettirosso come totem, perché riflette la necessità di esprimere il proprio canto, qualora si voglia una nuova crescita. Qualsiasi confronto od ostacolo è più un’esibizione che una vera minaccia, quindi andate avanti senza timore.

Sarah Adams Pettirosso

Credits: Sarah Adams

Spavaldo e coraggioso, non disdegna il contatto con gli esseri umani, soprattutto quando questi si premurano di procurargli del cibo. Si dice inoltre che il Pettirosso sia araldo della neve: quando lo si vede aggirarsi intorno alle case o picchiettare ai vetri delle finestre per ricevere qualche bocconcino, bisogna aspettarsi una bella nevicata o l’arrivo del freddo pungente. Ecco spiegato il motivo per cui compare spesso sui biglietti d’auguri del periodo natalizio.

Il Pettirosso depone un uovo di un caratteristico colore azzurro polvere, colore che viene spesso usato per attivare negli esseri umani il chakra della gola, un centro associato con la forza di volontà e la creatività. L’uovo di Pettirosso riflette la capacità, innata in coloro che hanno questo totem, di affermare la propria forza di volontà per creare una nuova crescita nell’esistenza; quando il Pettirosso viene a voi, lo fa per aiutarvi in questo processo, e può riflettere il fatto che finora siete stati inadeguati o inefficaci. In un modo o nell’altro, il Pettirosso vi mostrerà come riuscire nell’intento.

Entrambi i genitori partecipano all’allevamento dei piccoli, nutrendoli in media una volta ogni dieci minuti. Ciò è necessario, poiché i piccoli nascono completamente implumi. Eppure, il Pettirosso riesce ad allevare più di una covata all’anno, e anche questo riflette l’attivazione della forza vitale creativa, simboleggiata dalla colorazione rossa. È il cuore che gli conferisce tale capacità.

Tra gli altri connotati simbolici a esso legati ci sono la speranza, l’ottimismo, l’armonia, il sostenimento e la felicità.

Quando un Pettirosso entra nella vostra vita, potete aspettarvi una nuova crescita in una varietà di settori dell’esistenza, non in uno solo.

Muna

 

Fonti:

  • Segni e presagi del mondo animale. I poteri magici di piccoli e grandi animali, Ted Andrews.
  • Lipu
  • Eticamente
  • La Soffitta delle Streghe
  • Terre Celtiche

Quando in pentola bolle l’Oleolito di Alloro

Negli ultimi anni mi sono impegnata a ridurre il mio personale “impatto ambientale”, cominciando a muovere i primi passi verso una vita più consona alla mia spiritualità e più naturale. Tempo fa ho sperimentato una ricetta per il detersivo per i piatti 100% naturale, ecologico e salutare, ma sto provvedendo pian piano anche alla creazione di rimedi naturali da tenere in casa per i disturbi più comuni. È nato così il mio primo oleolito di Alloro, al quale spero ne seguano molti altri. È stata una grandissima soddisfazione realizzarlo!
Mi piace molto trasformare quello che la natura ci offre. Non sono un’erborista, ci tengo a ribadirlo, ma amo le tisane e i prodotti officinali che si producono a partire dalle erbe.
Per questo motivo ho deciso di fare un esperimento. Visto che ho una grande disponibilità di Alloro, ho pensato di creare un oleolito a uso domestico, un po’ per cimentarmi nella pratica e un po’ per produrre qualcosa di utile a tutta la famiglia.
Che cos’è un oleolito? Non è altro che una soluzione oleosa delle sostanze curative contenute nelle piante officinali.
Fare l’oleolito di Alloro è stata per me una vera pratica magica; mi è sembrato di tornare un po’ indietro nel tempo, quando i rimedi per i disturbi più comuni si producevano in casa e le ricette si tramandavano di madre in figlia.
Prima di spiegare il procedimento per la preparazione dell’oleolito, vorrei spendere qualche parola sulle sue proprietà. L’oleolito di Alloro può essere fatto con le foglie essiccate della pianta, oppure con le bacche. Quest’ultimo dovrebbe essere più potente, ma siccome quello in cui l’ho realizzato non era il periodo balsamico giusto per la raccolta delle bacche ho deciso di fare un po’ di pratica con le foglie. Quest’olio può essere utilizzato nei casi di mal di testa e di dolori articolari, soprattutto per il nervo sciatico, massaggiando la zona interessata.

Ecco qui l’occorrente per fare l’oleolito di Alloro:
– 500 ml olio extravergine di oliva, possibilmente biologico
– 50 gr di alcool puro 95°
– 50 gr di foglie secche di Alloro
– 1 bottiglia di vetro scuro
– 1 barattolo capiente o 1 bottiglia a becco largo
– 2 pentole
– 1 canovaccio pulito
– Imbuto

Siccome le foglie che avevo non erano del tutto secche, le ho fatte ripassare in forno per qualche minuto a 100-150°C. Una volta essiccate, le ho sminuzzate grossolanamente con le mani, le ho trasferite in un barattolo insieme all’alcool e ho lasciato macerare il tutto per 24 ore, agitando il contenitore di tanto in tanto. Trascorse le 24 ore, ho versato il tutto in un pentolino insieme all’olio e ho messo a cuocere a fuoco lento e a bagnomaria per 6 ore, mescolando con un cucchiaio di legno per controllare la situazione. Infine, ho colato il tutto attraverso il canovaccio pulito a trama stretta, ho lasciato raffreddare l’olio e l’ho travasato in una bottiglia dal vetro scuro. Per altre 24 ore ho lasciato la bottiglia senza il tappo, coperta da una garzina sterile tenuta ferma con un elastico, per permettere all’alcool di evaporare.

È stata una bellissima esperienza, la casa ha profumato di alloro per due giorni. Ho sentito l’energia positiva della pianta che stavo trasformando ed è stata una grande soddisfazione vedere il prodotto finito, fatto da me. Questo genere di lavoro mi fa sentire appagata e non sento la stanchezza, perché so che sto facendo qualcosa di cui beneficerò io stessa. Mentre sminuzzavo le foglie di alloro, la fragranza della pianta si spandeva per la stanza, rilassandomi e ricordandomi di ringraziare Madre Natura per quel dono prezioso. Vedere il liquido nella bottiglia scura poi, profumatissimo tra l’altro, è stata una vera soddisfazione.

Ho postato questa ricetta con la speranza che possa servire anche ad altri. È stata presa dal sito della Scuola di Naturopatia, per cui è attendibile.
Prossimamente, vi lascerò un post con le proprietà di questa meravigliosa pianta, una delle più comuni del Mediterraneo.

Muna

Magia, simboli e medicina degli Animali

Se parlerai agli animali,
essi parleranno a te
e così potrete conoscervi.
Se non parlerai con loro,
non potrai conoscerli,
e ciò che non si conosce si teme.
E ciò che si teme, si distrugge.

C’era un tempo in cui l’umanità si riconosceva parte della natura e viceversa. Sogno e veglia erano realtà inseparabili; il naturale e il soprannaturale si fondevano e si mescolavano tra loro. La gente usava immagini della natura per esprimere questa unità e per comunicare un genere di esperienza transpersonale. In passato, sciamani, sacerdoti e sacerdotesse erano i custodi della sacra conoscenza di vita. Questi individui erano legati ai ritmi e alle forze della natura, capaci di camminare sul filo che lega il mondo invisibile a quello visibile. Aiutavano la gente a ricordare che tutti gli alberi sono divini e che gli animali parlano a chi vuole ascoltarli. Uno studio sui totem della natura è essenziale per comprendere come lo spirituale si manifesti all’interno della nostra vita. “Totem” è qualsiasi oggetto naturale, essere o animale ai cui fenomeni e alla cui energia ci sentiamo strettamente partecipi nel corso della nostra vita.

Da sempre gli animali popolano l’immaginario degli uomini, ne animano i sogni, danno volto a paure, desideri, frustrazioni; gli animali sono simboli, sono un contenuto primordiale, un segno che può significare tutto. L’immagine animale è la più comune, la più universalmente diffusa e familiare all’uomo fin dalla sua infanzia. Gli animali ci parlano da sempre: lo fanno con la loro presenza, con il loro comportamento, con un caleidoscopico repertorio di morfologie e di colori, di strategie esistenziali e di adattamenti ecologici. Incomprensibile nel linguaggio, imprevedibile nel comportamento, capace di prestazioni differenti e molto spesso perfezionate rispetto a quelle umane, il mondo animale rappresentava per l’uomo una sfida e nello stesso tempo il forziere delle soluzioni praticabili. Oggi si è portati a cercare una risposta scientifica e razionale al senso di stupefazione e di meraviglia che inevitabilmente sorge ogni qualvolta si viene a contatto con questo mondo. Ciononostante, sentiamo che ogni specie rappresenta un universo vicino e nello stesso tempo lontano anni luce da noi. L’animale resta infatti un mistero nelle sue caratteristiche comportamentali e cognitive e nella sua diversità. L’animale è magico non di per sé, bensì in riferimento ai diversi significati via via attribuitigli dalle viarie tradizioni culturali. Gli animali che animano i nostri sogni, che si intrecciano alle nostre vicende quotidiane, ingigantiti o banalizzati nelle tradizioni, danno corpo e volto ai nostri desideri, alle nostre paure, ai nostri istinti. Come uno specchio, l’animale non è solo se stesso, ma riflette vizi e virtù dell’uomo: siamo noi a decretare che la formica è prodiga, il maiale sudicio, la colomba innocente. I comportamenti umani vengono tipizzati (ed evocati) per mezzo di certe associazioni con il mondo animale: furbizia-volpe, coraggio-leone, vanità-pavone e così via. Delle caratteristiche animali scegliamo quelle più adatte a rappresentare altrettante caratteristiche umane, ma in questo modo falsiamo l’immagine dell’animale e la limitiamo allo stereotipo da noi creato. Agli animali, a cui così spesso non è riconosciuto neanche il minimo diritto alla vita, sono riconosciuti poteri magici non solo per la loro ricchezza istintuale, ma soprattutto in virtù di una loro intrinseca predisposizione a essere ricettacolo delle potenze sovrannaturali. Gli animali, sia reali sia immaginari, oggetto dei nostri incontri ci parlano di una realtà “altra”, sono simboli che possiamo interpretare. Le tradizioni popolari hanno tramandato una nutrita serie di associazioni tra animali ed eventi. Gli animali possono prefigurare il futuro: in tal caso manifestano i segni di un disegno ignoto, al di sopra degli uomini e degli stessi animali. In altri casi, non solo annunciano il futuro, ma concorrono a determinarlo. Pertanto alla loro apparizione è attribuita la responsabilità degli avvenimenti successivi. Nelle credenze sugli animali, accade spesso che i due aspetti si confondano l’uno con l’altro e che entrambi contribuiscano a scaricare la responsabilità degli avvenimenti al di fuori della sfera d’azione dell’uomo e a convogliarla sull’animale.
Come abbiamo visto, non è solo il nostro immaginario diurno a essere popolato da animali, ma anche i nostri sogni sono abitati da queste creature, affascinanti, misteriose e, talvolta quasi terrificanti. Agli animali che incontriamo in questo stato di sospensione della coscienza attribuiamo significati, valenze ora positive ora negative, e il potere di comunicare all’uomo qualche messaggio su realtà oscure. Esistono tuttavia altri animali del sogno, con cui categorie particolari di uomini dichiarano di avere un rapporto privilegiato e personalizzato: sono gli spiriti guida degli sciamani. Lo sciamano è un intermediario tra la realtà fisica e quella spirituale, tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti. È chiamato anche uomo-medicina, poiché a esso viene spesso affidato il ruolo terapeutico. Egli, inoltre, accompagna nell’aldilà le anime dei morti, può conoscere cose ignote agli uomini e grazie ai suoi spiriti ausiliari può sostenere la sua tribù nei periodi difficili. L’intera esperienza sciamanica è segnata dalla presenza di figure animali, ora spiriti guida, ora eroi totemici: sono essi che trasformano l’uomo in sciamano, conferendogli un potere sovrannaturale negato agli altri uomini. La maggior parte delle volte è l’apparizione di un animale (che può avvenire in sogno, nella realtà o durante una malattia) ad annunciare all’uomo la sua nuova capacità di interagire con il mondo sovrannaturale. Gli sciamani possono penetrare gli aspetti oscuri dell’esistenza grazie agli spiriti ausiliari.
Tuttavia, gli animali non sono compagnia esclusiva di persone che rivestono un ruolo speciale all’interno della comunità, come gli sciamani. Anche gli altri uomini, se disposti ad affrontare una ricerca personale spesso lunga e faticosa, possono ottenere la visione di un animale che diventerà il loro spirito custode. In molte culture esiste la figura dell’animale tutelare, una sorta di “animale interiore” dell’uomo al quale si riconducono poteri sovrumani, che appare ancorato alle radici ancestrali dell’esistenza umana. Lo spirito custode animale è individuale, e l’uomo vi entra in contatto personalmente e direttamente. Esso aiuta l’individuo in difficoltà, lo protegge, gli appare in sogno, lo avverte dei pericoli. L’animale diviene simbolo di una specifica forza del regno invisibile, spirituale, che si manifesta nella nostra vita. Le caratteristiche e le attività di questi totem ci rivelano molto sui nostri innati poteri e abilità. Studiando il totem e poi imparando a fonderci con esso, riusciremo a fare appello alla sua energia archetipica tutte le volte in cui ne avremo bisogno.
Uno spirito animale può aiutarci a guarire la mente, il corpo e lo spirito, può fornirci potere personale, forza e comprensione. Gli animali esibiscono modelli di comportamento che trasmettono messaggi di guarigione a chiunque ne osservi le loro lezioni vivendole. I preziosi doni di questa medicina sono gratuiti e ogni lezione è basata su un’idea o un concetto principali e a ogni animale è stata assegnata una di queste lezioni da impartire, ognuna delle quali è un potere che può essere evocato. Quando si evoca il potere di un animale, si chiede di essere ricondotti alla completa armonia con la forza dell’essenza stessa di quella creatura, e imparare a comprendere questi fratelli e sorelle del regno animale è un processo di guarigione a cui dobbiamo avvicinarci umilmente e intuitivamente.

È opportuno, inoltre, fare chiarezza tra i diversi modi in cui un Animale può interagire con noi spiritualmente.
Animale Guida: è un maestro che offre insegnamenti. Ci assegna delle prove, accompagnandoci per tutta la vita. È legato a noi dalla nascita ed è uno spirito guida.
Animale Totem: è un archetipo, un simbolo, l’essenza di un animale. Mette a nostra disposizione la sua energia e le sue caratteristiche di medicina affinché possiamo usarle, sfruttarle, per affrontare determinate situazioni nella vita. Rappresenta la propria famiglia ed è uno soltanto.
Animali di potere: Ogni individuo possiede nove animali di potere o totem, che rappresentano la medicina che essi portano sul Sentiero della Terra. Questi animali emulano qualsiasi abilità, talento o prova individuale. Il Sentiero della Terra è costituito da sette direzioni che circondano il corpo fisico, ovvero: Est, Sud, Ovest, Nord, Sopra, Sotto e Dentro. La direzione che si chiama Dentro esiste all’interno di noi, ma allo stesso tempo ci circonda. A queste vanno aggiunte le direzioni Sinistra e Destra, che proteggono rispettivamente il lato femminile e maschile di noi stessi. Abbiamo, dunque, un animale totem per ogni direzione, pronto a insegnarci le relative lezioni. Essi ci visitano da lunghissimo tempo durante i sogni. È possibile evocare gli animali prescelti e la loro particolare forza, l’unica condizione necessaria è quella di saper accettare l’aiuto che ci viene offerto.

Muna

 

Fonti:
Il codice degli animali magici. Simboli, tradizioni e interpretazioni, Roberto Marchesini e Sabrina Tonutti.
Segni e presagi del mondo animale. I poteri magici di piccole e grandi creature, Ted Andrews.
Le Carte-Medicina. Carte sciamaniche di guarigione, Jamie Sams e David Carson.

Il Castagno: l’albero del pane

Nelle valli e sui monti della mia zona il Castagno regna sovrano, ed è ancora oggi quello che mi piace definire il re della foresta.

Nell’entroterra della Liguria di Ponente se ne incontrano davvero molti, e non si può non rimanere a bocca aperta quando ci si imbatte in un albero bello, imponente e antico come il Castagno. Qui crescono spesso in mezzo alle Querce, altri alberi che amo, e i più giovani impallidiscono davanti alle forme spettacolari e scenografiche degli alberi più anziani.

Il loro tronco, infatti, è un vero capolavoro dell’architettura boschiva, non passa certo inosservato. Talvolta diventa cavo, ma non per questo si lascia sopraffare: continua a crescere con tenacia e imponenza, ospitando tra i suoi spettacolari cunicoli animali, piantine e muschi. Nelle mie passeggiate ho incontrato tronchi di Castagno dalle forme simili a cattedrali in miniatura, con tanto di archi a sesto acuto e abside traforata, dalla quale filtrava la luce dorata del sole.

E, a proposito di oro, in questa stagione è grazie al Castagno se il bosco può tingersi del colore del metallo più nobile in assoluto. Entrando nel bosco, sembra di essere catapultati nella terra di Oz e gli occhi si riempiono di tutto quel giallo: l’oro ricopre il terreno, ma forma anche una volta di foglie luminose sopra la testa.

Il Castagno è un albero dal tronco corto ma possente, con rami che si allargano in tutte le direzioni, rendendone la chioma larga e voluminosa. Per la sua possanza, veniva associato a Zeus, così come i suoi deliziosi frutti erano chiamati “ghiande di Zeus”.
Originario dell’Iran e importato in Europa dai Romani, si adatta facilmente a ogni regione del nostro continente e può raggiungere i trenta metri di altezza, i quindici di circonferenza e i mille anni di vita. Il Castagno raggiunge il suo splendore vegetativo intorno ai cinquant’anni, e fruttifica solo dopo i quindici.

Celebre esempio è il Castagno dei cento cavalli, che si trova sulle pendici dell’Etna. L’albero è chiamato così perché la leggenda vuole che nel XVI secolo Giovanna d’Aragona trovò riparo da un temporale sotto le sue fronde con tutto il suo seguito, composto da cento cavalieri con i loro rispettivi cavalli. Il tronco principale di questo famoso Castagno è bruciato nel 1923, ma l’albero appare ancora oggi gigantesco, con una circonferenza complessiva di quasi 50 metri. I botanici che lo hanno studiato sostengono che abbia più di duemila anni, forse addirittura quattromila.

Castagno CarpasioSe ne trovano di secolari anche dalle mie parti. Ne è un esempio il Castagno a Costa di Carpasio, in Valle Argentina (Imperia), albero plurisecolare che rappresenta un simbolo della Resistenza. All’interno del suo accogliente tronco trovarono rifugio i partigiani feriti, che durante i rastrellamenti da parte dei nazi-fascisti non potevano essere trasportati in luoghi più sicuri. Tramite una scala a pioli, venivano calati all’interno della cavità dell’albero, che poteva contenere anche sei uomini. Dovendo rimanere nascosti anche per giorni, avevano bisogno di cibo e bevande; gli abitanti di Carpasio e Arzene, paesi vicini tra loro, si impegnavano per portare tutto quanto poteva occorrere agli uomini. Camminavano nel bosco e, raggiunto il Castagno, rimuovevano delle fascine alla sua base che celavano alla vista un piccolo passaggio, nel quale introducevano i preziosi viveri.

Grande Castagno Cetta Triora Valle ArgentinaSempre nei boschi della Valle Argentina c’è un altro albero imponente (foto a fianco), e si trova sul sentiero che da Loreto porta a Colle Belenda. Ho avuto la fortuna di vederlo e toccarlo con mano, non posso dirvi quanto sia bello, perché ogni parola è riduttiva. È così grande che non basterebbero cinque uomini per abbracciarlo e della chioma non si vede la fine, talmente è folta e rigogliosa. E che energia in quel luogo, quanta pace e serenità…

Fu Senofonte a definirlo l’albero del pane. In Liguria come in Piemonte e nelle zone appenniniche, il Castagno ha permesso alle popolazioni povere di sopravvivere. I frutti dell’amato albero, che ha finito per stringere un rapporto simbiotico con l’uomo, hanno un grande potere nutritivo e fornivano energia a chi doveva affrontare la dura vita dei pascoli e della campagna. Le scorte di castagne sfamavano le famiglie povere per un anno intero, tanto erano – e sono – generosi questi alberi.

Il poeta nostrano Giovanni Pascoli dedicò al Castagno una poesia per omaggiarne il  legno e i frutti, che hanno scaldato e sfamato contadini e montanari per generazioni. Parafrasando Pascoli, è grazie al Castagno che nelle case di un tempo  si sentiva il borbottio della pentola, che oscillava nel camino piena di castagne. Ed è sempre grazie a lui se la fiamma, sotto quello stesso paiolo, poteva crepitare e brillare, scaldando al contempo le ossa fragili e tremanti degli anziani. Il legno dell’albero, infatti, forniva calore alle abitazioni nel rigido inverno. Solo il “pio castagno”, continua il poeta, ha saputo donare molto al contadino, che non aveva altra ricchezza che il sole, e solo quest’albero poteva elargire doni ai figli poveri degli uomini di campagna. È sempre grazie al Castagno che le vacche hanno avuto un giaciglio tiepido su cui riposare e i braccianti potevano godere di un po’ d’ombra nei caldi mesi estivi.

Del Castagno, insomma, non si butta via niente. Il legno, forte e robusto, è stato usato spesso nell’edilizia per creare strutture portanti, veniva usato per fabbricare botti, mobili e accessori. Le foglie, invece, raccolte in estate, forniscono rimedio a disturbi delle vie respiratorie, come la tosse, oppure a chi soffre di diarrea, emorroidi o presenta disturbi circolatori agli arti inferiori.
Che dire, poi, dei suoi frutti, le castagne? Nutrienti e versatili, sono state usate fin dall’antichità nella nostra alimentazione, tant’è che i Romani la usavano abbondantemente, e nel Medioevo entrò a far parte della dieta grazie alla farina che se ne ricava, ma anche grazie alle sue proprietà, che la rendono sostitutiva dei legumi nelle zuppe e nelle minestre. Sempre nel periodo dei Secoli Bui i frutti del Castagno erano considerati anche cibo per i morti, al pari di ceci e fave. I marsigliesi li mettevano sotto il cuscino per impedire che i defunti tirassero i piedi al dormiente durante le ore notturne.
I piemontesi e i veneziani le consumavano nel giorno dedicato ai morti e a San Martino. I caffè e le osterie valdostani, nel giorno di Ognissanti, le offrivano ai clienti. A Ferrara, in occasione della Sagra di San Giuseppe, i ragazzi offrivano in dono alle fidanzate un giacinto – simbolo dell’imminente primavera – insieme a una frittella di castagne che simboleggiava la fine dell’inverno.

castagno cavo CarpasioTornando a parlare del tronco degli esemplari più vecchi, non è difficile rendersi conto di quanto possa essere utile agli animali del bosco. Come abbiamo visto, può rappresentare un ottimo rifugio, grazie alle sue cavità, ma fornisce cibo a volontà per tutte le bestiole che devono affrontare l’inverno. Dagli uccelli agli insetti, dai cinghiali ai vermi… tutti traggono beneficio dal Castagno. Nodi e cavità sono luoghi ottimi in cui nidificare, mentre le grotte naturali alle sue radici o alla base del tronco sono tane perfette per i mammiferi, soprattutto nel periodo del letargo. Gli alti rami rappresentano vere e proprie torri di vedetta per i rapaci. Infine, tutta la sua corteccia è una pelle perfetta sulla quale trascorre tutta la sua esistenza una miriade di insetti. Su di essa si compiono cicli meravigliosi di vita, morte e rinascita che noi esseri umani neppure ci sogneremmo: vi si accoppiano ragni, formiche, farfalle e altre minuscole creature, vi depongono le uova, e le loro larve ne traggono nutrimento per crescere e ricominciare lo splendido cerchio della vita.

Per tutti questi e altri motivi, il Castagno è diventato per me sinonimo di pazienza, un padre amorevole sempre pronto ad abbracciare e ad avvolgere con il suo tronco e i suoi rami gli animi inquieti e desiderosi di pace.

Muna

Fonti:

  • Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Alfredo Cattabiani.

Presentazioni

È difficile inaugurare una pagina bianca, anche per me che ho fatto della scrittura la mia più grande passione.
Il nome con il quale mi conoscerete qui sul blog è Muna, un nome d’arte (se così lo vogliamo chiamare) che significa “Primavera traboccante”. Sono nata in questa stagione e mi ci riconosco, poiché il mio animo è impaziente come lo è la natura di rinascere dopo il riposo invernale. Il mio animo possiede l’irruenza del vento primaverile, che trasporta pollini e semi pronti a dare nuova vita, ma anche la dolcezza e la poesia dei boccioli che spuntano sui rami, forando la coltre di gelida neve.
Come avrete capito, ho mille sogni nel cassetto e una passione smodata per tutto ciò che è carta, conoscenza, parola, emozione. Sono una scrittrice – o almeno ci provo – e amo la natura in ogni sua forma.
Tra gli argomenti di cui tratterò in questo blog ci sono l’ecologia, la fitoterapia e le medicine alternative, le tradizioni antiche e popolari, la spiritualità, i miti, le leggende e le fiabe iniziatiche. I colori del vento parlerà di fai da te e autoproduzione, delle mie passeggiate tra i boschi che ricoprono le mie belle montagne, di animali e di antiche civiltà.
In questo blog, caro viandante, riposati e ascolta quello che il vento vorrà raccontarti. Se sei curioso, troverai di che sfamare la tua anima. Se invece sei semplicemente stanco della frenesia quotidiana, potrai rilassarti leggendo dei luoghi che visiterò rendendoti spettatore.
Muna
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